domenica 15 dicembre 2013

Mia era una meraviglia.

Mia.
Era di cristallo.
Fragile,
come quelle palline di vetro
che brillavano sul suo albero di Natale.
Fragile,
ma una volta caduta a terra
si frantumava in spigoli affilati.
Tante volte si era ritrovata in mille pezzi,
finiti a terra senza motivo, senza spiegazione.
Tante volte i mille pezzi erano lasciati al caso,
aspettando che qualcuno li raccogliesse
per buttarli via,
senza nemmeno porsi il problema di ricomporli.
Mia era una ragazza senza tante pretese,
viveva di attimi e di spensieratezza.
Viveva di ricordi
scattando istantanee
di ogni momento felice.
Ma la felicità durava così poco
nel suo piccolo animo di bambina.
Il tempo fulmineo o fulminante
di un batter di ciglia.
Mia era una meraviglia,
una meraviglia che pochi stentano a credere.
Era bella
come le rose
coltivate nel proprio giardino.
Era dolce
come la panna
sul gelato.
Era buona
come un panino
appena sfornato.
Poi profumava.
Profumava di mentuccia e mandarini.
Profumava di mandorle e pompelmo.
Di cannella e bacche di vaniglia.
Mia era una meraviglia.  

"Fragile,
come quelle palline di vetro
che brillavano sul suo albero di Natale"
.



domenica 19 maggio 2013

Così parlò Marla.


Marla è morta.
Come puoi reagire?
Preferisci la vita tranquilla?
Oh sì, l'hai sempre preferita.
Perchè in fondo l'oltreuomo esiste, ma quello non sei tu.
Marla è morta.
È deceduta l'altroieri.
Condoglianze.
Cosa farai?
Un mazzo di fiori?
Una lettera?
Verrai al funerale?
Ahahahahahahahahahahahahah.
Dimmi almeno che un po' ti dispiace.
Dimmi almeno che vedendo il necrologio
sentirai una fitta al cervello.
Dimmi almeno che ti piaceva ancora tutto questo.
Ma tutto questo è finito.
Marla è morta, disintegrata, distrutta, andata.
Marla non esiste più.
Marla ha finito di essere uno stupido personaggio
della tua iperbolica fantasia.
Marla si è stancata di recitare una parte,
di mettere in scena lo spettacolo.
Marla non ha più voglia di attirare la tua attenzione.
E non ha nemmeno voglia di raccontarti gli ultimi suoi attimi di vita.
Semplicemente perchè Marla non ha più voglia di essere Marla.


lunedì 11 febbraio 2013

La danza.


Marla, mia dolce Marla.
Ti sei alzata questa mattina e sei corsa da me.
Marla, piccola bastarda.
Cosa vedi riflessa? Mh?
Cosa sei diventata?
Cosa?
Un viscido verme o una meravigliosa farfalla?
Cosa sei Marla? Eh? 
Ti muovi subdola come una tarantola.
Tagliente come una sciabola.
Sei velenosa, sibilante, attenta.
Strisci pericolosa e aspetti.
Guardi, osservi, intenerisci, attacchi.
Che cazzo sei Marla? Piccola idiota, rispondi per la miseria!
Ti faccio paura eh? 
Eppure mi fissi.
Cosa ti attrae verso di me?
Fai sempre così. 
Ti avvicini lentamente e scruti.
Cosa hai da guardare, Marla? Cosa ti aspetti da me?
Io non ti capisco. 
Sei egoista e stupida.
Sì, sei fottuta, piccola mia.
È inutile che mi guardi.
Marla, smettila.
Mi spaventi così. Non avvicinarti.
Vattene, vattene via. 
Non voglio vederti.
Non posso sentire il tuo profumo.
Non ho intenzione di toccarti ancora, vattene via Marla.
Ascoltami, cazzo, scappa.
Lasciami stare. Non venire verso me. Non voglio.
Marla!
Marla no!
Frammenti taglienti, lucidi, appuntiti volano in aria.
Mi hai colpito, Marla.
Mi hai frantumato.
Scaglie vetrose fluttuano a terra, piccole.
E tu balli Marla.
Salti sopra i miei spigoli e tagli i tuoi piedi frenetici.
Marla ascoltami!
Ti stai facendo male.
Non senti il sangue uscire dai tagli?
Non brucia? Non frizzano le tue cicatrici?
Non ti senti svenire? Accidenti, stronza.
Ti sto dissanguando, prestami attenzione.
Non vedi che hai piedi liquidi?
Non senti le schegge penetrare nella tua morbida carne?
Non percepisci una stiletatta all'anima che ti contorce le budella? Maledizione!
Non mi senti, ancora.
Non mi senti o non vuoi sentirmi?
Cosa posso fare adesso?
Sei così bella, Marla.
Non senti il dolore e continui a ballare.
Hai gli occhi chiusi, ma le lacrime ti scendono comunque. 
Ondeggi il petto, attorcigli le dita.
Vibra il tuo ventre.
I fianchi scattano, rapidi, irrefrenabili. 
Schiocchi le dita.
Gridi.
I tuoi capelli vorticosi sono così leggeri.
Marla, mi farai impazzire prima o poi.
Batti le mani, sorde, decise, dure.
Gridi, ancora.
Apri gli occhi.
Adesso mi senti.
Mi vedi.
Vedi la lamina conficcata nella pelle.
Percepisci l'odiosa fitta. 
Lo senti il sangue, che scivola via, denso e veloce.
Ah. Adesso piangi, bastarda?
Ti ho avvertito così tanto e non mi hai mai ascoltato.
Piangi. Piangi, mia dolce Marla.
Sapevi che ti avrei fatto male.
Piangi, piccolo amore mio. 

lunedì 21 gennaio 2013

Spettacolo.



Marla era al centro del palco.
Indossava un meraviglioso abito in velluto nero.
Le labbra scarlatte si scostarono per fare uscire un sospiro.
Il sipario bordeaux si aprì, lento, inesorabilmente lento.
Luci psichedeliche abbagliarono gli occhi languidi di Marla.
Marla inorridì.
Vide gente che l'acclamava.
Gente che l'applaudiva.
Gente che urlava il suo nome.
Notò una vecchia signora grassa, seduta in prima fila.
Aveva un ghigno tremendo sul viso.
Marla fu accecata dal candore dei suoi denti.
Più in là un ometto talmente minuto e magrolino
che sembrava rompersi a ogni battito di mani.
Si vedevano le ossicina delle sue povere dita volare via, frenetiche,
ma non smetteva di applaudire.
Triste spettacolo per Marla:
un branco di esseri insulsi, una ciurma di vite inutili
che batteva a tempo i piedi e recitava complimenti.
Sorrisi finti e ammiccamenti falsi.
Marla era disgustata!
Orrore, orrore per i suoi occhi languidi.
Fissava sgomenta le bocche sbraitanti del pubblico.
Osservava smarrita i volti felici degli spettatori
e ascoltava l'incalzante e odioso suono degli applausi.
Marla non voleva applausi!
Non voleva segni di incoraggiamento.
Non voleva parole di conforto.
Non voleva sorrisi di compassione.
Non voleva essere presa in giro da gente che non sapeva.
''FATELA FINITA, MALEDETTI!''
Marla urlò.
Il suo grido superò le mani che si picchiavano e i piedi che battevano, 
oltrepassò le risate e le acclamazioni.
La sua voce riecheggiò nel teatro, attraversò le teste, 
si infiltrò negli stucchi dei palchetti.
Quell'ammasso informe di idioti ridenti
si zittì.
Un eterno silenzio piombò nella sala.
Marla era diventata potente.
Sì avvicinò.
Solo lo scricchiolante incedere sul legno poteva essere sentito.
Marla guardò fissa negli occhi ognuno dei suoi sprezzanti interlocutori.
Marla era arrabbiata, infuriata, incandescente.
Iniziò a gridare parole cattive, minacce, bestemmie.
Si strappò il meraviglioso abito in velluto nero
che ricadde sgualcito a terra.
Sciolse i capelli maledetti, scarduffati, sporchi.
Sfumò sul mento, sul naso e sulle guance il rossetto.
Strappò le tende del sipario.
Spaccò i tasselli di legno del pavimento.
Iniziò a volteggiare, folle.
Cadde a terra
ma si rialzò.
Prese una bottiglia d'alcool e battezzò il suo beneamato pubblico
che la fissava sconcertato, taciturno, spiazzato.
Marla si voltò: un tavolo, due candele.
Rise, rise a lungo.
Acchiappò i cerini e con tutta la forza che aveva
li gettò sul branco di esseri insulsi, sulla ciurma di vite inutili.
Bruciava la vecchia signora grassa.
L'ometto minuto, magrolino diventava cenere.
E così tutti gli altri.
E Marla nel suo inferno batteva le mani e sorrideva.
Questo era il vero spettacolo.

domenica 20 gennaio 2013

Rivoluzione ♪ ♫ ♪


Marla profumava.
Sapeva di pioggia e di vento.
Odorava di fuoco e castagne.
Di cioccolato e thè.
Di liquirizia e mandarino.
Maledetta Marla!
Vorrei sentire il tuo odore un'ultima volta!
Si sciolse i capelli infiniti.
Chiuse gli occhi e passò le dita tra i riccioli.
Erano morbidi, leggeri, fragili..come lei.
Marla dondolò il capo seguendo il walzer della sua mente.
Si abbandonò al tempo, flebile, fluida.
Marla era una rivoluzione.
Ogni parte del suo corpo seguiva quella musica.
Come se presa da strana frenesia non riuscisse a smettere di muoversi.
Le mani..ah quelle mani!
Contorsioni di dita che picchiettano il ritmo sul legno.
Le braccia..docili braccia che volteggiano tra i corpuscoli di polvere.
I riccioli mori ballano, vagano, perdendosi nel tempo.
I piedi accennano increduli passi di danza.
Tutto rivoluziona in lei.
Il busto ondeggia come uno strascico di risacca sul mare
che sfiora i granelli di sabbia e rifugge nell'oceano.
Marla era una rivoluzione.
Le palpebre perfette strizzarono via una lacrima.
Marla non era triste.
Marla piangeva di gioia.
Di una gioia che non ricordava di possedere.
Marla era infinita, si sentiva immensa.
La goccia di pianto scivolò sulla gota come 
un rivolo di pioggia sul finestrino.
Marla sentiva il calore sotto la sua pelle.
Percepiva la dolcezza del suo piangere.
Continuò a librarsi in volo tutto il pomeriggio.
Marla si sentiva libera.
Non più ferro di catene intorno alle sue magre caviglie.
Non più bende sopra i suoi occhi meravigliosi.
Non più colla tra le sue labbra di rosa.
Non più grovigli intorno al cuore.
Marla era libera di correre, di guardarsi intorno,
di svelare i suoi segreti, adesso.
Marla era libera di amare, di nuovo.
Il walzer si interruppe,
ma Marla continuò la sua rivoluzione per sempre.

martedì 15 gennaio 2013

Fastidiosamente..


Marla voleva dare fastidio.
Iniziò a mangiare senza ritegno.
Si riempiva di cibo.
Masticava soddisfatta.
Prese il bicchiere. 
Si sentì l'acqua gorgogliare nella gola.
Rumorosamente lo posò.
Sì allontanò dal tavolo sfregando i gambi della sedia sul pavimento.
Ciabattando fiera si diresse verso le scale, 
che salì pesante, sorda, goffa.
Cominciò a sbraitare una canzone inesistente.
Marla voleva dare fastidio.
Voleva essere fissata, scrutata, origliata.
Voleva essere maledetta e condannata.
Marla voleva essere odiata.
Voleva essere spintonata e gettata a terra.
Voleva essere criticata e usata.
Voleva che tutti parlassero di lei.
''Anche male, chi se ne fotte'', pensò.
Marla giaceva inerme sul letto.
Fissava il soffitto.
Bianco.
Spoglio.
Banale.
Marla sentiva l'incessante bisogno di essere per qualcuno.
Non le importava come o quando o perchè.
Marla non si arrendeva all'idea di essere per sè.
Non voleva bastare a se stessa.
Ripudiava il doversi prendere cura del suo ego.
Rinnegava il suo io.
Perchè il suo io non le apparteneva.
Marla non era Marla.
Era stata il cuore spezzato di Tyler.
La lacrima di sua madre.
Il sangue di suo padre.
La malinconia di un'amica.
Il sorriso di un bambino.
Una margherita sul banco.
Un profumo non finito.
Un film mai visto.
Una lettera perduta.
Una bottiglia di vino lasciata sul mare.
Un passo di danza sulla sabbia.
L'amore fino al midollo.
Un abbraccio gelato.
Una risata.
Un fiocco di neve.
Eppure, adesso non era più niente di tutto questo.
E Marla sentiva l'incessante bisogno di essere per qualcuno.
Marla voleva attirare l'attenzione su di sè.
Voleva che tutti si accorgessero di lei.
Voleva che tutti la capissero.
Marla voleva dare fastidio.
Scattò in piedi e corse alla finestra.
Tirò su la saracinesca.
Era freddo.
Respirò il gelo e iniziò a gridare.

giovedì 10 gennaio 2013

Sogno n° 1.




Livorno. Estate. Notte.
Marla era a casa. Giocava con una piccola bambina.
Le sue mani erano davvero minuscole.
Le mise un altrettanto minuscolo guanto color crema.
Faceva caldo.
Indossò le sue zeppe di corda e uscì.
Aveva una camicetta beige, di seta
e una gonna nera svolazzante.
Camminava fiera di farsi notare.
Era una bella serata.
Schioccava i fianchi al ritmo della sua musica.
Si fermò davanti a un camioncino dei gelati. 
C'era la fila.
Paziente, aspettò il suo turno.
Stava per ordinare la sua coppetta piccola quando si voltò.
Era lì.
Tyler stava a meno di 20 metri da lei.
Attorno a lui gli amici di sempre.
Nella sua mano una donna.
Marla si sentì smarrita.
Si dimenticò del gelato e scappò.
Si fermò poco dopo, vicino a una panchina.
C'erano due persone sedute.
Si avvicinò.
No. Impossibile.
Era Tyler, era Tyler con quella donna.
''Ti amo da morire''
Marla riuscì a captare questa frase.
Impazzì.
Iniziò di nuovo a correre.
Viaggiava più veloce di un proiettile.
Le mancava il fiato.
Dopo circa sei isolati si fermò.
Era sola, illuminata dalla luce di un lampione.
Girò lo sguardo e sentì le sue gambe che cedevano.
Vide sua madre e la madre di Tyler.
Vide Tyler e attorno a lui i suoi amici.
Vide nella sua mano la stessa donna di prima.
Marla iniziò a piangere.
Tra le lacrime urlava: ''Non è colpa tua, sono solo io..tu non c'entri niente!''.
Tyler andò verso di lei, la prese per mano.
Tra gli sguardi attoniti si diressero verso la chiesa.
Seduti sui gradini di marmo, Tyler le disse:
''Marla, devi stare tranquilla. Mi trasferisco a New York e tu vieni con me''.
Bum.
Marla aprì gli occhi.
Era confusa.
Sentiva la testa pesante, vedeva sfuocato.
Si alzò di scatto, le girava la testa.
Si tenne alla parete per non cadere.
Ma che diavolo?
Un portone, le scale, il suo corpo appoggiato al muro freddo.
Marla era nel palazzo di Tyler.
Marla si era addormentata nel palazzo di Tyler.
Marla aveva sognato Tyler.
Era solo un fottuto sogno.
Ci rimase male.
Si odorò la manica del cappotto; puzzava di vomito.
Tornò alla realtà e..
''Marla?!''
''Tyler.''

martedì 8 gennaio 2013

Risveglio.



Quello di cui ho bisogno - pensò Marla - è di fare una cazzata così grande da non riuscire a salvarmi.
Spalancò gli occhi e con le mani spazzò via gli ultimi grumi di mascara sulle ciglia.
Uno sbadiglio, poi un altro.
Sentiva la bocca impastata, aveva sete.
''Merda, l'acqua!''
Chiuse gli occhi, sospirò pesantemente e con un salto uscì fuori dal letto.
A piedi nudi percorse il corridoio, scese le scale immersa nel buio. 
Aprì il frigo e la luce inondò i suoi occhi stanchi.
Arraffò la scatola del latte, bevve; aveva più sete di prima.
Con un calcio sordo richiuse lo sportello.
A tentoni cercò la credenza e acchiappò una bottiglia d'acqua.
Fzzzz.
Stappata, bevuta, scivolata per la gola.
Marla si sentiva sollevata adesso.
Risaliva i gradini lentamente, calma.
Percepiva il calore del suolo dai piedi scalzi.
Si accasciò sul letto priva di forza.
Il cuscino era fresco, le lenzuola profumate.
''Una cazzata, sì, una cazzata - si ripeteva nella mente -
Adesso vado da Tyler e gli sputo in faccia tutto il mio odio.
Sì, adesso vado a casa sua. Che ore sono? Le 2 di notte. 
Sì, ma chi se ne frega! Tanto non dorme, è impegnato a fare altro.
Adesso vado là, suono, salgo le scale e urlo. Sì, urlo.
Gli spaccherò i timpani, oppure le ossa con pietre e bastoni.
No, le parole, le parole, meglio le parole.
Beh gli dirò come mi sento, come mi fa stare.
Oppure potrei..potrei anche solo cercare di chiarire.
No Marla, che cazzo stai dicendo?! Non c'è niente da chiarire.
La situazione è chiara, sei solo tu che non vuoi arrenderti al fatto
che probabilmente se tu avessi detto..oh ma che stai dicendo, Marla?
Sono già le 2.05. Mh...basta. Adesso vado.
Ma dove vuoi andare, Marla? 
Non hai ancora capito che non sono affari tuoi?
Non hai capito che disturbi la quiete pubblica?
Non hai capito che il Marlacentrismo è finito?
2.10. 
Marla? Puoi dormire per favore?
Sì, ci provo. 
2.22. Uhhhh desiderio!
Ahh al diavolo! Al diavolo i desideri, al diavolo Tyler e il mio sonno che non esiste.
Adesso basta''.
Marla strabuzzò gli occhi, diede un colpo di tosse e balzò in piedi.
Sì levò il pigiama così velocemente che strappò una manica. Al diavolo pure quella!
Saltò dentro i jeans e indossò una maglietta di un rosso slavato.
Scarpe, cappotto, sciarpa, cappello, chiavi di casa. Pronta.
Chiuse il portone con un tonfo che riecheggiò nelle orecchie e così anche il cancello.
Cominciò a camminare, a camminare velocemente, a marciare, iniziò la sua corsa.
Correva, correva senza riuscire a respirare per il freddo e la stanchezza.
Correva fino a farsi venire la nausea.
Correva senza guardarsi intorno.
Vedeva solo l'asfalto grigio fumo e qualche macchina che le sfrecciava accanto.
Il suono infernale di un clacson!
Marla, sei un'idiota, poteva metterti sotto.
Niente, nemmeno quello riuscì a fermarla.
Corse per altri 10 minuti poi si fermò.
Sudore freddo.
Gola secca.
Lingua immobilizzata.
Respiro affannoso e rancido.
Milza dolorante.
Vomitò sul marciapiede la sua misera cena.
Asciugò la bocca con il lembo di una manica.
Si appoggiò al muro e portò una mano sulla fronte: scottava.
Fece un respiro profondo, sputò in terra e si voltò: 
una targhetta metallica con su scritto ''Tyler Durden'', un campanello.

Caffellatte.



Era una strana giornata per Marla.
Aveva freddo anche se fuori c'era il sole.
Le ossa rabbrividivano. La pelle se ne stava ruvida e gelida.
Era una giornata ghiacchiata per Marla.
Era un martedì piuttosto insignificante, come tutti i martedì del resto.
E anche Marla si sentiva insignificante.
Mise gli occhiali, credeva di apparire più intelligente.
Scese in cucina, prese una tazza e vi rovesciò il caffè rimasto.
Un dito di latte, due zollette di zucchero.
A Marla piacciono le cose dolci.
Tin, tin, tin.
Il cucchiaino picchiettava nervoso sulla porcellana.
Tin, tin, tin.
Marla odiava quel rumore, ma era necessario.
Era necessario sopportare per addolcire.
Addolcire era necessario e un po' rumoroso.
Necessitava di addolcire sopportando.
Sopport..necess..addolc...
Marla perse il filo dei pensieri
e il cucchiaino venne gettato nell'acquaio emettendo l'ultimo tintinnio.
''Nanananananananaaa nanananaaa nana la vie en rooooose''
Marla fece una piroetta.
Una grande goccia color caffellatte cadde sul pavimento.
''Pulirò dopo'', pensò.
A improbabili passi di danza, Marla arrivò in salotto.
Si buttò disordinata sul divano e finì la sua tazza.
L'ultimo sorso fu così stizzoso e irriverente che le colò un rigolo di caffè dalla bocca.
Marla si mise a ridere.
Era una bella risata la sua, piena di vita.
Poteva da un corpo morto uscire un riso tanto vivo?
Presa da questa sfuggevole ironia Marla si alzò di scatto.
Mise la sua canzone preferita e iniziò a ballare.
Guardava la sua immagine riflessa allo specchio, sembrava felice.
Marla sembrava felice e forse lo era.
Rimaneva tranquilla nella sua intimità.
Marla ballava, si lasciava trasportare dalle note, veniva condotta via dagli accordi.
Chiuse gli occhi, si sentiva così bene.
Era assorta, completamente immersa.
Non esisteva più niente.
Erano Marla, la canzone e un'incerta coreografia.
I suoi fianchi ondeggiavano come serpenti.
Le dita simili a piume, volavano sulla sua testa.
I piedi picchiettavano a terra e disegnavano geometrie sulla moquette.
Sorrideva Marla.
''Marlaaa?''
''Sì?''
''La macchia di caffè..sul pavimento..''
''Già..la macchia..di caffè...sul pavimento..arrivo..''

lunedì 7 gennaio 2013

Vino rosso.



Marla sanguina dal naso e beve.
Beve vino rosso.
Le ricorda i fiotti densi che uscivano dalle piaghe di Tyler.
Le ricorda quel sapore arrugginito e viscoso.
Le ricorda Tyler.
Marla vuole dimenticare, ma non sa fare.
Spera di buttare giù Tyler come un sorso.
Ma quel sorso arriva allo stomaco, lo irrora di acido.
Spappola il fegato e risale.
Risale verso l'esofago, la strozza.
Tossisce, vomita. Vomita dalla bocca, dal naso.
Marla vomita tutto.
Marla vomita Tyler e non vuole.
Non vuole che abbandoni il suo corpo.
Marla sente caldo, sta affogando.
Non riesce a parlare, a gridare aiuto, a respirare.
Si spoglia.
Nuda, di fronte allo specchio del bagno. 
Chi è Marla adesso?
È immondizia e merda e follia per lui e questo piccolo mondo del cazzo.
A lui non importa dove vive o come si sente o che cosa mangia
o che cosa dà da mangiare ai suoi bambini o come paga il dottore se sta male.
Sì, Marla è stupida e stufa e debole, ma è sempre e ancora una sua responsabiltà.
Un rivolo di sangue le esce dalla narice sinistra.
Cola, cola, cola veloce e le disegna il mento, le colora il collo, le tinge la scapola.
Chi è Marla adesso?
Non è un delicato e irripetibile fiocco di neve. 
È la stessa materia organica deperibile di chiunque altro.
Marla piange. 
Le lacrime si mescolano al sangue.
Sciolgono i grumi. Lavano il secco.
Marla si sente maledettamente sporca.
Apre il rubinetto, riempie la vasca. Si immerge.
L'acqua è bollente, sembra scuoiarla, ma Marla non sente più il dolore.
Fa un respiro profondo e va giù.
Apre gli occhi, vede qualche insignificante bollicina correre via.
Sott'acqua non si ha percezione.
Tutto è fluido, lento, tranquillo. Marla non ha fretta, là sotto.
10 secondi.
Ha le orecchie tappate e non può parlare. Marla è al sicuro, là sotto.
20 secondi.
C'è un senso di torpore, potrebbe anche addormentarsi e non risvegliarsi mai più, là sotto.
30 secondi.
Marla?
40 secondi.
Porca puttana, Marla!
50 secondi.
Marla spacca il velo d'acqua. Fa rumore.
I suoi capelli gocciolanti fanno piovere in tutta la stanza.
Respira a fatica e rapidamente.
Scivola via dalla vasca, ormai anche lei è sua nemica.
Cade a terra pesante e bagna il pavimento.
Fissa le mattonelle, sono bianche, pure.
Anche lei una volta era così.
Non è giusto. Non è giusto che le mattonelle lo siano al posto suo.
Si alza di scatto, cerca qualcosa che non trova.
Perde un po' di tempo. Vaga per le stanze.
Trovate.
Prende le forbici e torna in bagno.
Si riempie le mani di tagli, il sangue sgorga dalla sorgente.
Scivola sulla sua pelle profumata e tocca il pavimento.
Ah, sporche mattonelle bastarde! 
Adesso anche voi siete macchiate. Adesso anche voi puzzate di ferro.
E in quella pozza rossastra Marla non potè fare a meno di piangere.
Tra i singhiozzi si rannicchiò sul suo stesso sangue.
Nuda.
Ferita.
Si addormentò sul pavimento.
Nudo.
Ferito.

domenica 6 gennaio 2013

La mia storia.









Questa è la mia storia. 
Di come mi possiede. 
Di come una canzone ti entra in testa e non se ne va più. 
Di come uno pensa che dovrebbe essere la vita. 
Di come le cose catturano la tua attenzione. 
Di come il passato ti insegue in ogni singolo giorno del tuo futuro.

Buonasera, sono Marla, Marla, il taglietto sul tuo palato che si rimarginerebbe se solo smettessi di stuzzicarlo con la lingua, ma non puoi.

Sì, sono io, sono ancora qui, ho intenzione di rimanerci per sempre, nascondendomi dietro questo alter ego che mi ossessiona da anni ormai.
Voglio raccontarti davvero la mia storia, voglio che tu la legga e so che lo farai, prima o poi.

Marla: è sempre ruotato tutto intorno a Marla.

Io sono Marla, lui è Tyler. 
La mia storia ha inizio 3 anni e 10 giorni fa. 
A Marla piaceva Tyler, fin dalla prima parola, ma lui non capiva.
Marla era piccola, inesperta, confusa, arrancava parole grandi, borbottava discorsi filosofici in funzione di Tyler.
A Marla piaceva Tyler.
Marla voleva sembrare arguta, intelligente e profonda agli occhi di Tyler, perchè lui era così.
Marla vedeva Tyler come un dio, come una di quelle persone da cui puoi solo imparare tacitamente.
A Marla piaceva Tyler, ma Tyler non capiva.
Tyler aveva già la sua vita avviata, i suoi problemi, i suoi silenzi.
Quei silenzi che sconvolgevano e affascinavano Marla. 
Ogni parola taciuta era per lei un motivo per andare avanti nella sua ricerca.
Marla si stava mettendo completamente a nudo di fronte a Tyler pur di estorcergli un segreto.
Ma Tyler non parlava, Tyler aveva la sua vita avviata, i suoi problemi, i suoi silenzi.
Marla era persa, non si sentiva all'altezza, Marla aveva paura di non essere abbastanza per lui. 
Marla si era lasciata andare dallo scorrere degli eventi, inebriata dal piacere del Mondo.
Marla si era dimenticata per un attimo di Tyler, immergendosi in un mare da cui non si torna indietro.
Marla aveva dato l'avvio a tutti i suoi problemi, da sola, con le proprie mani.
In questo continuo turbinio Marla non poteva far altro che vomitarsi addosso le sue scelte.
Ma Tyler aveva capito, Tyler aveva capito tutto.
Tyler aveva percepito da lontano il fruscio della sua Marla.
E non era il fruscio, era Marla, esangue, che lo chiamava, gridando il suo nome con quanto fiato aveva il gola.
E pur uscendo un flebile suono, Tyler l'aveva sentita.
Subito, come un lampo, era corso da lei, dalla sua Marla.
Ma Marla non sapeva cosa fare. 
Marla era stremata, esalava gli ultimi respiri dalla sua bocca. L'ultima aria entrava dalle sue narici per riempirle i polmoni.
Non poteva finire così. 
Tyler non l'avrebbe permesso.
L'unica cosa che la manteneva in vita era quel fioco gioco di sguardi, quel fragile scambio implicito di comprensioni.
Entrambi sapevano che sarebbe andata così.
L'ubriachezza di una sera, le stelle, la notte, le luci soffuse di un piccolo locale lontano da tutti.
La gente intorno che scompare, una ad una, per farci stare soli.
Marla e Tyler erano finalmente soli.
Finalmente entrambi si erano messi a nudo di fronte alla realtà.
Marla e Tyler non avevano più segreti. Nient'altro contava più.
Ma alle luci dell'alba le vene alcoliche si svuotarono.
Marla aveva paura, Marla era cresciuta ma rimaneva piccola.
Marla ascoltava troppe voci che rimbombavano nella sua testa e le spaccavano i timpani e le accartocciavano le orecchie e le smembravano la cartilagine.
Marla, bendata, veniva sballottata da grandi figure nere che la facevano cadere e la prendevano in giro.
Marla aveva tanta, tantissima paura.
Ma c'era Tyler a darle coraggio. Lui aveva capito cosa stava passando Marla.
Tyler si sentiva come in debito con lei, doveva proteggerla.
Tyler si fece carico di tutti i problemi di Marla.
Marla era felice.
Marla non si sentiva sola.
Marla si stava innamorando.
Tyler era già innamorato, questo spaventava Marla.
Aveva paura. Paura di tutto.
Marla aveva paura dell'amore vero.
Perchè, alla fine, Marla era piccola, inesperta, confusa.
Marla non aveva mai provato una sensazione così immensa.
Preferiva lasciar correre il tempo sperando che i problemi si risolvessero da sè.
Ma Marla non aveva capito che questa sarebbe stata la sua rovina. Non poteva saperlo.
Così passavano i mesi, nella disperata incertezza di Marla, nell'incerta disperazione di Tyler.
Poi ancora, quel posto, quel tavolo, quell'atmosfera, quel senso di libertà.
La libertà li attraeva come due calamite, due calamite, Tyler e Marla erano due calamite. 
Poi ancora quegli sguardi, quelle implicite comprensioni, quelle labbra che si sfiorano ingenue, pure, ancora. 
Cosa poteva non andare adesso?
Marla, perchè?
Marla, lo capirebbe anche un pazzo!
Marla..
Tyler si sentiva rinvigorito, come se nelle sue vene scorresse soda caustica. 
Danzava sulle note di Debussy, correva sul pianoforte come le dita di Cyrin. 
Tyler credeva di farcela, non poteva finire così.
Marla decise di rimanere ferma, immobile, nessuno doveva vederla, nessuno poteva sentirla.
Era come una di quelle bamboline dei carillon senza carica.
Bella ma statica.
Meravigliosa nel suo essere ma indecisa. 
Tyler ogni tanto provava a danzare con lei.
E lei accettava pure, ma dopo poco si stancava.
Credo che Marla fosse malata in quel momento.
La sua salute andava declinando.
Ma Tyler era troppo forte per stare dietro a lei, voleva ballare, voleva infilare una pallottola tra gli occhi di tutti i panda che si rifiutano di fottere per salvare la loro specie, 
voleva aprire le valvole di scarico delle petroliere e inondare tutte le spiagge francesi che avrebbe visto, voleva respirare fumo, voleva distruggere qualcosa di bello.
E senza saperlo, senza volerlo oppure sapendolo e volendolo aveva distrutto lei. 
La bella bambolina del carillon si era spezzata a metà e non c'era modo di aggiustarla.
Marla non sapeva ancora.
Marla credeva che fosse uno scherzo.
Marla sapeva di riuscirci di nuovo.
Era Marla..
Marla non voleva che finisse così.
''Ti amo''.
Marla cadde a terra e dopo ore riaprì gli occhi.
Si ritrovò sul pavimento gelido e bagnato.
Vide il suo corpo nudo e completamente fatto a pezzi.
Poteva notare la sua mano destra vicino al divano, il cuore accanto allo spazzolino del cesso, le viscere dentro al forno. 
Marla non era più Marla.
Marla era completamente disintegrata, annientata, la sua essenza era stata espulsa dal suo essere.
E Tyler stava male, credo, ma diceva a tutti: ''Non ha voluto danzare con me''.
E Marla stava male, ma diceva a tutti:''Io volevo danzare con Tyler, volevo, ma ero malata''.
Marla sanguinava dagli occhi e lacrimava dal cuore.
Marla aveva capito tutto ed era diventata il cuore spezzato di Tyler.
Ma Tyler si era rigenerato ormai.
Niente paura, niente distrazioni, la capacità di lasciarsi scivolare di dosso ciò che non conta.
E Marla era la paura, era le distrazioni e l'incapacità di lasciarsi scivolare di dosso ciò che non conta. 
Tyler voleva annientare Marla e c'era riuscito.
Tyler voleva far capire a Marla quello che lui stesso non era riuscito a capire.
Marla generò un figlio.
Per 9 mesi portò in grembo il Rimorso.
Figlio maledetto.
Figlio mangia budella, ha la bocca sporca di sangue il bastardo.
Figlio odioso.
Figlio assassino.
Figlio diabolico.
È vero: le cose che una volta possedevi, ora possiedono te. 
Marla non è più sulla terra. 
Non scrive. 
Non dice.
Non ci sono telefoni all'inferno.
Marla è nel suo turbine di fuoco e con l'ultimo soffio di vita chiama Tyler.
Ma questa volta Tyler non la sente.