Era Autunno ed era umido.
Così umido da entrarti nelle ossa
e farle marcire.
Mia si raggomitolò sul letto e chiuse
gli occhi.
Fece volare la sua mente.
E quella volava.
Volava leggera.
Sopra paesaggi arsi e cittadine in
rovina,
sopra roveti spinosi,
sopra fiumi tortuosi,
sopra vette montuose e stradine
scoscese.
Volava senza posa,
vagabonda e tenebrosa,
quando, nel suo eterno faticare,
si voltò,
e in un groviglio di spine,
scorse una piccola Rosa.
- “Che cosa?” - disse - “Che
cosa?”. -
Mia, sussultando, si svegliò
e subito due rivoli di pianto,
caldi e sfuggenti,
le solcarono le guance.
Pianse,
pianse lacrime amare,
pungenti come lance.
Come lance acuminate ed insolenti.
-“Che cosa?” - cominciò ad urlare
ai quattro venti.
Ma nemmeno i quattro venti
trovarono risposta
a una domanda tanto odiosa.
Chiese alla selva boscosa,
alla mimosa,
alla nuvola uggiosa.
Ma nessuno rispondeva
alla domanda fastidiosa.
Chiese al sole ardente,
al ruscello,
alla sua mente,
ma nessuno rispondeva
alla domanda impertinente.
Con le ciglia lacrimose
chiese al cuore e lui rispose:
-“Guarda fuori, mio splendore”.-
Mia, stupita e inappagata,
dal passare delle ore,
guardò fuori e vide un fiore:
una Rosa,
vellutata e profumosa.
Mia sorrise e finalmente,
trovò pace
la domanda indecorosa.
"Chiese alla selva boscosa,
alla mimosa,
alla nuvola uggiosa.
Ma nessuno rispondeva
alla domanda fastidiosa."